Editoriali

Inter, un Conte demotivato è un Conte morto. Il processo serve davvero?

Ieri a San Siro è andato in scena uno spettacolo troppo brutto per essere vero. La sconfitta contro il Bologna ha sollevato una ventata di polemiche strutturali sulla stagione dell’Inter. Ma un processo ad Antonio Conte non è quello di cui c’è bisogno 

RICORDI E AMBIZIONI – Per il video di presentazione di Antonio Conte, a maggio 2019, l’Inter scelse una sceneggiatura minimale. Il tecnico venne ripreso in auto, ma è il sottofondo preconfezionato delle sue parole a destare attenzione. Lo sguardo del tecnico avevamo imparato a conoscerlo, anche se dallo specchietto retrovisore fa tutt’altro effetto. Conte parla di ambizioni comuni tra lui e il club («Perché proprio io?»), della volontà di rimettersi in gioco e, in un certo senso, legittima la scelta della società agli occhi dei tifosi.

UNITÀ D’INTENTI – Il video si chiude con un’immagine fortemente evocativa: Steven Zhang, affacciato alla finestra di un grattacielo, attende la macchina del tecnico. Lo sportello si apre e il video s’interrompe bruscamente. Le chiavi di lettura di questo filmato possono essere tante. Ma certamente Antonio Conte avrebbe dovuto sapere che il palazzo, verso cui andava incontro con la Volvo di cortesia, aveva delle fondamenta non esattamente stabili.

LACUNE STORICHE – I pilastri dell’Inter presentano residui di marciume, piante parassite e un’impotenza fungifera che ha caratterizzato gli ultimi dieci anni di storia del club. Antonio Conte si è scontrato dal giorno 2 con le conseguenze sismiche di fondamenta parzialmente instabili. Ha dovuto rimettere mano praticamente a tutto: i migliori giocatori della (vecchia) rosa da silurare, tournée da intraprendere con i ranghi ridotti al minimo e via discorrendo. Tutto questo, ovviamente, da sommare al grande lavoro che il tecnico normalmente svolge all’alba di una nuova avventura. Dal cambio radicale dei ritmi di allenamento, alla necessità di pensare un’Inter “diversa”. Per ambizioni, mentalità e approccio all’impegno settimanale.

PROCESSO, COME AL SOLITO – Probabilmente nel paragrafo appena concluso ci sono quasi tutti gli elementi necessari per la difesa pubblica di Conte. Ma il discorso è un po’ più complesso di così, soprattutto in un momento in cui si cerca un colpevole ragionando, al solito, per compartimenti stagni. Società, tecnico, giocatori. A ‘sto giro, chi finisce sotto accusa?

SALVATE IL SOLDATO CONTE! – Il problema è che nel calderone stavolta ci è caduto pure il tecnico. Qualcuno fatica dall’inizio a digerire il suo lauto stipendio e pretende di diritto un upgrade di risultati. In effetti, il curriculum di Conte ha imposto una fulminea impennata delle ambizioni, giustificate dai primi risultati incoraggianti. Al tempo stesso l’Inter di ieri, che agonizzava sotto i colpi dei ragazzini del Bologna, non è solo il risultato di scelte di contiana memoria. Affermazioni simili potrebbero essere tacciate di spudorato “contismo”, ma il tecnico merita davvero il pubblico ludibrio?

RETORICA E RISULTATI – Detto che la rosa, quantomeno nell’undici e al netto degli infortuni, non è poi così sopravvalutata come qualcuno vorrebbe far credere, sarebbe folle rinnegare gli errori fisiologici del tecnico. L’atteggiamento di Conte è tradizionalmente spregiudicato e forse la sua retorica arrembante (seppur mai superba) mirava proprio a convincere i suoi calciatori che qualcosa di impossibile non era solo immediatamente diventato possibile, ma era davvero entrato nelle loro corde!

ALIBI E REALTÀ – Potremmo rimproverare al tecnico che una strategia di questo tipo presenta numerosi rischi collaterali. In parte, gli è tornata indietro come un boomerang. Calciatori mediocri, in un contesto poco abituato a flirtare con la vittoria e la costanza, resteranno sempre e comunque calciatori mediocri. Non dobbiamo considerare soltanto le ultime uscite negative, con l’infittirsi del calendario che ha clamorosamente logorato la rosa, ma anche la gestione delle singole decisioni della partita, in cui il tecnico ha spesso fatto confusione. Di contro, però, quando Conte sbotta perché Alexis Sanchez non è mai stato a disposizione, come dargli torto? Stefano Sensi è malato cronico, Marcelo Brozovic è rientrato ieri e Nicolò Barella ne avrà per un po’ (QUI gli ultimi aggiornamenti). Non sembra sbagliato spiegare i problemi dell’Inter spostando lo sguardo dal dito alla Luna.

FUOCO E FIAMME – Conte, al momento, ha quasi preso le distanze dai suoi calciatori. Ha abbandonato quella retorica arrembante, ma forse dovrebbe lavorare in modo diverso per scuotere un ambiente sdrucito dalla non abitudine alla vittoria. Questo gli rimane difficile soprattutto per carenza di obiettivi ambiziosi a breve termine: in sintesi, si è scoraggiato anche il tecnico. E allora, che fare? La società è stata “provocata” e sollecitata dall’allenatore in più di un’occasione: dagli sforzi estivi all’acquisto lampo di Christian Eriksen. Ma anche il trasferimento di Achraf Hakimi ha assunto un valore contingentale ben più ampio della mossa di mercato in sé. La volontà della società era proprio quella di battere un colpo nei confronti del tecnico. Di fargli sentire la sua vicinanza e di spingerlo a guardare al futuro, e al presente, con più energia. Ed è questo che l’Inter deve assolutamente evitare: che la fiamma emotiva del suo allenatore si appassisca e abbandoni il progetto di Revolución.

ROTTA DA INVERTIRE – È vero che tutti si aspettavano una partenza a razzo dell’Inter post-lockdown. Ma adesso il tecnico deve dare una scossa ad una rosa caduta in depressione. Proprio perché l’Inter fatica a regolarizzare le emozioni sportive, Conte deve evitare un’implosione personale e collettiva. Le proposte tattiche di certo non gli mancano (difesa a 4 e centrocampo a 3, con Eriksen dietro le due punte, per ritrovare equilibrio?). Ma le dichiarazioni delle ultime settimane sono preoccupanti proprio perché esprimono sfiducia («L’unica cosa che possiamo fare è lavorare») e la voglia di ribaltare il regime delle cose sta scemando rapidamente.

FONDAMENTA – E’ fuori discussione che l’Inter dovrà mettere mano alla rosa in maniera sensibile (e per la terza volta verrà chiesto uno sforzo importante alla società). Ma anche Antonio Conte, nel video di presentazione dello scorso anno, andava raffigurato con spatola e calcestruzzo. Più che incontrare Zhang, in quel magnifico palazzo di vetro, l’allenatore dovrebbe preoccuparsi di rinsaldare le fondamenta con l’aiuto della società. Ed è quello che sta cercando di fare. Anche perché, se è vero che una buona base tecnica era presente dall’eredità Luciano Spalletti, è anche vero che il tecnico di Certaldo si è scontrato spesso con difficoltà simili, uscendone vittorioso per il rotto della cuffia. Conte e Zhang, in quel video, avrebbero dovuto incontrarsi al pianoterra: caschetto giallo in testa e pranzo al sacco da consumare. Ma questo vale anche per i tifosi: c’è da mettere mano ai pilastri immarciti, più che concentrarsi sulla finestra del grattacielo a cui scagliare la pietra.

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