Editoriali

Donne e calcio, passo indietro? Mai! Noi andiamo avanti (anche con i baffi)

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Siamo nell’anno 2019 ma ancora ci tocca leggere e rispondere a chi ritiene che la donna non sia abbastanza in grado di parlare di calcio. Eh sì, Fulvio Collovati prima e Giancarlo Dotto poi hanno riaperto (o forse non si è mai chiuso?) l’ancestrale dilemma della creatura femminile con passioni non propriamente consone all’immaginario collettivo. Un immaginario un tantino superato, al quale proviamo a rispondere andando oltre e intravedendo il buono che c’è. Perché c’è, ve lo assicuro.

PASSO INDIETRO, IN TUTTI I SENSI – Allarme, allarme! Sei una donna? Ti piace il calcio? Magari anche la tattica? Bene, fai un passo indietro – come consiglia anche Caterina Collovati, moglie di Fulvio – e lascia che se ne occupi un uomo. Che sia tuo marito, il tuo compagno o un tuo collega poco importa, l’importante è che sia uomo. Questa è la lezione che abbiamo appreso negli ultimi giorni. Naturalmente, com’era facile prevedere, si è scatenata una vera e propria bufera: Fulvio Collovati è stato momentaneamente sospeso dalla Rai per due settimane dopo aver affermato in diretta a “Quelli che il calcio” che «quando una donna parla di tattica mi viene il voltastomaco». Una dichiarazione forte, che ha fatto molto discutere e che il giornalista Giancarlo Dotto ha provato a spiegare in termini – secondo lui – più “lusinghieri”. Il risultato? Uno sproloquio senza né capo né coda, che addirittura peggiora il senso generale del discorso.

OMAGGIO BEN CAMUFFATO – Se Collovati si era limitato alla tattica, il giornalista Dotto si spinge oltre e sulle colonne del “Corriere dello Sport” scrive un “omaggio” alla donna che di omaggio francamente ha ben poco. Dotto infatti scrive, senza girarci molto intorno, che “una donna, ma diciamola femmina, che parla di calcio non mi rivolta lo stomaco, smette di esistere l’attimo stesso in cui lo fa”. A questo punto chi legge chiaramente si chiede il motivo di cotanto astio, ma Dotto non lascia nulla al caso e infatti spiega “non perché sia inadeguata e blateri sfondoni, come insinua maldestro Collovati. Smette di esistere quanto più è adeguata, quando ne parla in modo credibile e ti sorprendi a pensare: «Toh, è più brava di Beppe Bergomi». Lì mi diventa insopportabile. Arrivo a detestarla, per quanto si sottrae al dovere estetico ed etico della differenza, sprofondando nell’aberrazione della citazione maschile. Smette di esistere, la presunta femmina, appena piazza un microfono sotto il becco di un calciatore, figuriamoci se gli fa una domanda che più congrua non si può sul ruolo o sulla prestazione”. Vi risparmio i particolari in cui Dotto dice che con una donna così non ci farebbe l’amore, non vorrei che poi qualche “presunta femmina” in questione si dilaniasse per cotanto affronto. E comunque se il problema sono i baffi dello “zio” Bergomi, rassicuriamo tutti sul fatto che al giorno d’oggi basta uno strappo ed è finita la paura.

MASCOLINITÀ ABERRANTE – A questo punto vi starete giustamente chiedendo dov’è l’elogio sbandierato dal giornalista. Eppure c’è, sempre secondo lui. Dotto infatti spiega che “rigettare la donna che discetta verosimilmente di calcio equivale ad esaltare quella inattendibile quando lo fa. Un buon esempio è Melissa Satta a ‘Tiki Taka’. O Diletta Leotta ovunque. Parlano di calcio, ma potrebbe essere botanica, cosmetica o astrofisica. Senza averne la più pallida nozione o lozione, ma felici solo di sedurre il mondo intero. Troppo donne. Irriducibili. Inattendibili. Il pallone arretra, si arrende, non ce la fa proprio a mascolinizzarle. Sono loro, casomai, a femminilizzarlo”. L’elogio è dunque dedicato a un solo prototipo di donna, quella il cui unico obiettivo è sedurre l’uomo, pur dicendo sciocchezze sia chiaro. Ma volete mettere le sciocchezze dette da labbra ben truccate, gambe accavallate e abiti succinti rispetto a domande e interviste ben fatte da donne competenti e calcisticamente preparate, magari direttamente da bordocampo? No, troppo mascoline e poco femmine.

OLTRE I LIMITI E GLI STEREOTIPI – Ma se invece iniziassimo a pensare che anche le donne che commentano il calcio in maniera consapevole, senza tanti ammiccamenti, possano essere altrettanto femminili? Che ne dite? Lo stereotipo al giorno d’oggi non funziona, non esiste, è completamente fuori luogo. Nel mondo del calcio, così come in altri campi. Ci sono uomini che truccano, cucinano e pettinano meglio delle donne. Cosa dovremmo fare, noi donne? Pensare che l’uomo non sia in grado di fare mestieri che nell’immaginario collettivo sono maggiormente legati al mondo femminile? Non vogliamo, né possiamo pensarlo. Noi donne frequentatrici di stadi, commentatrici di calcio, calciatrici, semplici appassionate vogliamo sentirci FEMMINE nonostante la nostra passione, magari un po’ rozza per qualche esteta rimasto indietro nel tempo ma che ci fa sentire terribilmente vive. Non ce ne frega niente se per qualche buongustaio del genere femminile risultiamo “mascoline”, è una visione francamente limitata e siccome noi non lo siamo andiamo oltre e cerchiamo di prendere quello che di buono offre questa storia di maschilismo camuffato da parole edulcorate.

IL LATO POSITIVO – Innanzitutto se ancora c’è qualcuno che sente la necessità di richiamare la donna ai suoi doveri di seduttrice vuol dire che è in aumento quel tipo di donna che alla seduzione abbina anche doti intellettive, perché si può, ve lo possiamo assicurare. In secondo luogo possiamo in qualche modo sentirci lusingate dal “fastidio” che creiamo quando parliamo di calcio in modo competente, perché evidentemente vuol dire che ci stiamo affermando e se lo stiamo facendo è un segnale positivo per la società intera. In terza e ultima battuta abbiamo dalla nostra l’effetto sorpresa, perché se ancora si crede che una donna non possa capire di fuorigioco, attacco, difesa e centrocampo vuol dire che c’è ancora modo di prendere gli scettici in contropiede (sì, so cosa significa!). Mi raccomando però, non dimenticate smalto e rossetto. Non sia mai…

Pubblicato da
Viviana Campiti

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