Editoriali

D’Ambrosio, crescita da leader in 2 anni: le tappe della sua scalata all’Inter

D’Ambrosio ha regalato 3 punti pesantissimi all’Inter con il suo gol contro la Lazio, ieri sera a San Siro, certificando ancora una volta la sua importanza per la squadra nerazzurra: ecco tutte le tappe della consacrazione interista di un ragazzo che ha saputo colmare i propri limiti tecnici con abnegazione e umiltà divenendo pedina fondamentale per Spalletti ieri e Conte oggi

SCALATA A TAPPEDanilo D’Ambrosio, dopo essere stato fermato solo dal palo nel derby contro il Milan, ieri sera contro la Lazio è entrato nel tabellino dei marcatori dell’Inter in Serie A già alla quinta giornata: ci è riuscito in tutte le ultime cinque stagioni nerazzurre – nel 2014/2015 aveva segnato solo in Europa League (contro Stjarnan, Dnipro e Qarabag) -. Marcature a parte, il terzino di Caivano si è ritagliato un ruolo da assoluto protagonista nell’Inter grazie a una crescita esponenziale in termini di affidabilità e continuità di rendimento. Antonio Conte, in questo avvio di stagione, ha rinunciato a lui solo contro l’Udinese lasciandolo sempre in campo per 90 minuti nelle altre 5 partite disputate tra campionato e Champions League. Il motivo? Presto spiegato: D’Ambrosio oggi rappresenta una soluzione tattica e un elemento tutto concentrazione e grinta di cui difficilmente si può fare a meno. Per diventare ciò che è oggi, il numero 33 interista è passato attraverso cambi di proprietà e guide tecniche che lo hanno fortificato e temprato in autostima: ecco tutti i passaggi della sua avventura nerazzurra. Un crescendo rossiniano.

2013/2014 – D’Ambrosio arriva all’Inter a fine gennaio 2014 per volontà di Walter Mazzarri, che ricercava un’alternativa ai due titolari dell’epoca Jonathan e Yuto Nagatomo: il terzino e capitano del Torino, reduce da un girone d’andata a ottimi livelli (gol al Milan tra le altre cose) da esterno sinistro del 3-5-2 di Gian Piero Ventura con Matteo Darmian sull’altra fascia, venne individuato come profilo ideale per la capacità di giocare indistintamente su entrambe le fasce. L’affare si chiuse per una cifra intorno ai 2 milioni più Marco Benassi: fu di fatto l’ultima operazione orchestrata da Marco Branca prima del passaggio di consegne con Piero Ausilio nel ruolo di Direttore Sportivo e la prima della gestione Erick Thohir che due mesi prima aveva rilevato l’Inter da Massimo Moratti. L’ambientamento negli schemi dell’Inter di Mazzarri, piuttosto modesta nel materiale umano dal punto di vista tecnico, andò a rilento: i titolari designati c’erano già e D’Ambrosio ricoprì soltanto il ruolo di tappabuchi fino al termine della stagione.

2014/2015 – L’anno successivo D’Ambrosio prende il posto di Jonathan sulla fascia destra nel 3-5-2 di Mazzarri (realizzando tre reti in Europa League, come ricordato sopra) prima di abbassarsi a quarto della difesa del subentrante Roberto Mancini-bis. Fino al termine della stagione rientra nelle rotazioni delle fasce difensive insieme a Nagatomo e a Davide Santon, tornato alla base dal Newcastle nel mercato invernale.

2015/2016 – L’estate del 2015 è quella della rifondazione dell’Inter orchestrata da Mancini, rifondazione che prevede interventi anche sulle fasce: a destra arriva Martin Montoya dal Barcellona e a sinistra Alex Telles dal Galatasaray in una batteria di terzini che prevedeva già Santon, Nagatomo, l’adattato Juan Jesus e appunto D’Ambrosio. Dopo un avvio ai margini, l’ex Torino trova sempre più minutaggio realizzando un gol contro la Sampdoria (la sera del ritorno di José Mourinho a San Siro) e un altro contro il Bologna che fu vissuto come una liberazione per le tante critiche ricevute dopo l’errore di testa che aveva spalancato le porte a Leonardo Bonucci per il gol decisivo in Juventus-Inter di campionato. Proprio contro i bianconeri, poi, nella gara di ritorno delle semifinali di Coppa Italia, D’Ambrosio giocò una grande partita da centrale di difesa: l’Inter rimontò 3 gol ai campioni d’Italia ma venne eliminata ai calci di rigore.

2016/2017 – La stagione successiva è quella “maledetta” dell’addio di Mancini ad agosto inoltrato dopo l’insediamento di Suning e il conseguente arrivo di Frank de Boer: questa volta la titolarità di D’Ambrosio viene insidiata dall’arrivo di Cristian Ansaldi, ma con l’esonero del tecnico olandese e il subentro di Stefano Pioli il terzino campano si riprende stabilmente la fascia. In molti ricordano l’ammissione di aver smesso di credere nella qualificazione in Champions in primavera, dimenticando però che proprio D’Ambrosio era stato coi fatti tra gli ultimi a mollare: gol al Pescara, gol alla Sampdoria e gol al Crotone prima del crollo definitivo verso il settimo posto.

2017/2018 – Con l’ingaggio di Luciano Spalletti l’Inter inizia il suo processo di ricostruzione, nel quale D’Ambrosio rientra come terzino destro titolare in attesa che Joao Cancelo prenda confidenza con i tatticismi del calcio italiano. Fino a dicembre l’asse con Antonio Candreva funziona alla perfezione, poi qualcosa si inceppa e Spalletti cambia inserendo il portoghese a destra e facendo traslocare D’Ambrosio a sinistra: ecco la riproposizione della difesa a tre e mezzo che tanto aveva funzionato nella Roma dell’anno precedente. Cancelo tornante di fascia sulla linea dei centrocampisti in fase di possesso con D’Ambrosio abbassato sulla linea di Milan Skriniar e Joao Miranda, è una delle chiavi del ritorno dell’Inter in Champions League. Come se non bastasse, due gol decisivi: contro il Genoa di testa su corner a pochi minuti dal novantesimo e contro la Lazio nello spareggio Champions del 20 maggio.

2018/2019 – Nell’estate della stabilizzazione del processo di crescita nerazzurro, l’Inter non riscatta Cancelo e prende un terzino destro puro come Sime Vrsaljko con l’intenzione di renderlo il titolare insieme a Kwadwo Asamoah. Il croato però ha problemi fisici e alza bandiera bianca a gennaio costringendo l’Inter a tappare la falla con Cedric Soares in prestito: D’Ambrosio resta il padrone della fascia destra nerazzurra e mette il suo timbro sulla seconda qualificazione Champions consecutiva del biennio Spalletti. Parlano i fatti: gol decisivi alla Fiorentina e alla Sampdoria, ma soprattutto i salvataggi provvidenziali nei minuti finali contro il Milan su Patrick Cutrone e contro l’Empoli all’ultima giornata toccando il pallone sulla traversa e di fatto portando di peso l’Inter in Champions. Una vendetta di cuore all’ingiustizia firmata Rosario Abisso con il famoso rigore di petto a Firenze.

L’INIZIO DELL’ERA CONTE – Arriviamo ai giorni nostri, con l’Inter targata Beppe Marotta che punta su Conte per alzare l’asticella: non si gioca più per il piazzamento ma per provare a vincere, inculcando in tutti i giocatori una mentalità vincente. Arrivano Diego Godin per la retroguardia e Valentino Lazaro per il ruolo di esterno destro del 3-5-2 o 3-4-2-1 di Conte, ma D’Ambrosio non si tocca. Nel precampionato è il più utilizzato, praticamente mai sostituito: è pedina fondamentale come variante tattica sulla linea dei centrali o su quella dei centrocampisti, terzo basso per far rifiatare uno dei tre forti centrali nerazzurri o quinto a destra come alternativa a Candreva, davanti all’esuberante ma acerbo tatticamente Lazaro – considerato più come uomo da inserire a gara in corso per puntare l’uomo -. La sua affidabilità ha toccato l’apice in Inter-Lazio: cross di Cristiano Biraghi da sinistra, inserimento e gol da centravanti del collega di destra D’Ambrosio: una rete manifesto del 3-5-2 che, per caratteristiche, forse non sarebbe stata segnata con qualsiasi altro giocatore dell’Inter in campo al suo posto.

PRESENTE E FUTURO NERAZZURRO – Lui lo ha sempre detto: «D’Ambrosio non è Maicon, ma dà tutto per la maglia». Un concetto che con Conte si sposa alla perfezione. Disciplinato a livello tattico, duttile, umile, grintoso e capace di colpire con gol pesanti quando conta davvero: tutto questo è Danilo D’Ambrosio, che a 31 anni ha conquistato di diritto il suo posto in un’Inter che vuole tornare a vincere con Conte in panchina da qui ai prossimi anni.

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