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Conte divide ma non separa l’Inter tra il bene e il male: riflettori su Eriksen

Conte è sotto pressione perché sa che stasera il futuro della sua Inter in Champions League non dipende solo da lui. E l’infermeria piena non aiuta, anzi. Però in Inter-Shakhtar Donetsk serve una vittoria a prescindere dal risultato di Madrid. La posizione scomoda di Eriksen caratterizzerà le ore precedenti e successive alla partita

VIGILIA MINACCIOSA – Le parole di Antonio Conte alla vigilia di Inter-Shakhtar Donetsk non possono passare inosservate. Come sempre, ma stavolta più del solito perché l’Inter tra qualche ora si giocherà il suo futuro stagionale. L’allenatore nerazzurro ha – giustamente – sottolineato a più riprese che “domani (oggi, ndr) farò le scelte per il bene dell’Inter, vedrete”. Com’è normale che sia. Se non fosse che la domanda specifica, a cui è seguita la risposta, era incentrata sull’utilizzo di Christian Eriksen o meno. Come a dire: “Se lo schiero (anche se non ho alternative), lo faccio per il bene dell’Inter”. Oppure: “Se non lo schiero (inventandomi qualsiasi cosa per panchinarlo), lo faccio per il bene dell’Inter”. In entrambi i casi Conte cascherà in piedi. Fino all’uscita delle formazioni ufficiali, però. Le dichiarazioni di Conte rimbombano minacciose in un senso o nell’altro, perché anticipano una dimostrazione “pubblica” motivata della sua decisione.

BENE INTERISTA – Il peso specifico delle parole di Conte ruota intorno alla parola “bene”. Far giocare Eriksen dall’inizio oppure solo nell’ultimo minuto di recupero per il tecnico nerazzurro rientra in ciò che può fare il “bene” della squadra. E quindi della società. La preparazione della partita, soprattutto quando decisiva come stasera, è prerogativa dell’allenatore. Conte può scegliere di schierare Stefano Sensi a mezzo servizio e doverlo sostituire dopo un quarto d’ora oppure Alexis Sanchez trequartista (vedi focus). Utilizzare un difensore a centrocampo o cambiare modulo pur di non utilizzare Eriksen dal 1′. Ne ha facoltà. Però, vista la premessa, se lo fa per il “bene” dell’Inter ora bisogna capire qual è questo “bene” di cui parla. Stasera lo capiremo. Con o senza Eriksen in campo. Con o senza qualificazione agli ottavi di Champions League in tasca.

ERIKSEN SPARTIACQUE – Da giorni si parla solo del “caso Eriksen”, perché è Conte che ha voluto preparare così il terreno nei giorni che precedono la giornata più importante della stagione. Quella che decide se l’Inter raggiungerà l’obiettivo stagionale fissato dalla proprietà (qualificazione agli ottavi di Champions League) oppure dovrà riciclarsi nel piano B (Europa League) o addirittura C (solo Serie A e Coppa Italia). Quello che non poteva immaginare Conte è che sarebbe arrivato a questa partita praticamente senza centrocampo. E con la figura di Eriksen a mo’ di spada di Damocle sulla sua testa. Farlo giocare o non farlo giocare? Dall’inizio o solo nel recupero? A nessuno deve interessare la prestazione del centrocampista danese, soprattutto in caso di vittoria. Però in realtà interessa a tutti, poco meno della qualificazione. Il “rumore dei nemici” è stato attirato strategicamente dal tecnico, lo sa anche Suning (vedi editoriale). Conte ha deciso di dividere l’Inter (e i suoi tifosi) tra il bene o il male utilizzando l’ambigua figura dell’apatico Eriksen, ma non può separare l’Inter dal suo destino: nel bene o nel male stasera tutti dovranno andare nella stessa direzione, cercando di portare a casa i tre punti. Poi sarà il risultato di Real Madrid-Borussia Monchengladbach a definire il futuro dell’Inter in Europa.

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