Bergomi: “Io capitano silenzioso, vi racconto aneddoto! Pubblico Inter…”
Giuseppe Bergomi ha rilasciato un’intervista ai microfoni della “Gazzetta dello Sport”: l’ex capitano dell’Inter, dopo aver parlato del caso Mauro Icardi (vedi articolo), parla di come interpretò lui il ruolo e di come non sia per nulla facile indossare la fascia con un pubblico esigente come quello interista. Di seguito le sue dichiarazioni
Bergomi, come si interpreta il ruolo di capitano?
«Essere capitano non significa entrare in campo per primi e scambiarsi i gagliardetti. Ma è dare l’esempio, ogni
giorno, dentro e fuori dal campo, stando attenti anche alle piccole cose che poi sono quelle che fanno la differenza. È metterci la faccia sempre, quando le cose vanno bene e nei momenti di difficoltà. È aiutare gli stranieri ad ambientarsi e a superare le difficoltà dell’impatto con una nuova cultura e una nuova lingua. È senso di appartenenza da trasmettere e pretendere da tutta la squadra».
Quanto è difficile farlo all’Inter?
«Il pubblico interista è esigente ma anche molto rispettoso. Al di là dei trofei che un capitano può alzare, perché a tutti ovviamente piace vincere, peri tifosi conta vedere l’impegno, la volontà di andare sempre oltre il proprio limite. Il famoso “sudare la maglia”, ossia fare sempre uno scatto in più, un sacrificio per il compagno. Insomma,
dimostrare che prima di tutto conta l’Inter. Il capitano deve essere un esempio positivo».
Lei che capitano era?
«Ero un leader silenzioso, parlavo molto poco perché ho sempre preferito i fatti alle parole. Cercavo di dare
l’esempio, di essere un modello dentro lo spogliatoio soprattutto per i più giovani».
Ci racconti un aneddoto.
«Penso all’accoglienza verso i nuovi stranieri. Ho passato molto tempo insieme a Bergkamp e alla moglie, li portavo in giro, andavamo a cena. Cercavo di farli sentire come a casa loro, e lo stesso ho fatto anche con Sammer. Poi non tutti riescono a entrare in sintonia col nuovo ambiente».
Fonte: Gazzetta dello Sport – Vincenzo D’Angelo